Autore: Dott.ssa Marzia Cikada

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Si deve essere sé stessi, fare le proprie scelte morali… anche quando richiedono vero coraggio. Altrimenti si è come robot, o lucertole.
Woody Allen

La psicologia, anche in Italia, si sta spostando. La realtà è che ci si muove da tempo, specie in determinati campi, per far incontrare le necessità della psicologia con le risposte offerte dalla tecnologia a determinati bisogni. Quindi la psicologia si sposta. Dagli studi si inizia a pensare ad una clinica possibile anche online, riconosciuta come utile e possibile in diversi casi, una terapia che riposa sulle stesse regole della terapia “classica” in studio, sottoposta alla stessa etica e pur tanto diversa nei modi della relazione. Ma non solo. Ci sono i robot! Un campo della tecnologia che di molto può aiutare e già lo fa in molti modi, determinate tipologie di persone.

Raramente si pensa a cosa veramente i robot siano oggi e a come possano assistere l’uomo. Per la maggior parte del tempo, sono esseri di futuristica fantasia. L’immagine del robot si sposa alle immagini del CINEMA, dal contestato A.I. (2001) di Spielberg al tenero protagonista di Wall-E (2008) passando per l’Uomo Bicentenario e l’ultimoAutomata ( 2015) dramma sci-fi incentrato sul robot, tecnologica e l’intelligenza artificiale. E poi ci sono gli amanti dei ROMANZI di Isaac Asimov, ricchi di spunti , che riportano come la prima legge è che un “robot non può recare danno all’umanità, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, l’umanità riceva danno”, precetto di cui per lo più si sorride, pensando invece al Robot nemico che vuole prendere il posto dell’uomo.

Ma cosa sappiamo davvero dell’uso della psicologia nella robotica? In realtà si lavora sempre di più per rendere l’Intelligenza Artificiale capace di utilizzare le potenzialità dell’informatica per aumentare e migliorare le possibilità del pensiero umano e le possibilità di essere di sostegno all’uomo. Nel numero di questo mese diPsicologia Contemporanea n. 248 , per esempio, appare anche un articolo, a firma di Santo di Nuovo e Daniela Conti, che ci porta a fare delle riflessioni in merito. Prima di tutto parliamo di un progresso giovane. Era il 1950 quando venne inventato un test fondamentale da Alan Turing, per definire se una macchina potesse mai pensare come un essere umano e, ancora oggi, non è possibile dire che la macchina possa farlo con esattezza di dati.

Eppure siamo in grado di realizzare prototipi sempre più raffinati e precisi con caratteristiche avanzate e spettacolari nelle loro possibilità. Da qui il pensiero, potrebbe esserci un terapeuta psicologo robot? E ancora, cosa possono fare in questo momento i Robot? La risposta è molte cose. Dalle attività domestiche alla gestione di missioni spaziali ma ancora, molte attività che si ritengono più dal volto umano, come mansioni precise nell’assistenza alle persone con bisogni speciali.

Stiamo parlando di generazioni di robot nati e programmati intorno a tecnologie specifiche, in grado si supportare in alcuni campi ben definiti, su programmi puntuali e con comunicazione ad hoc determinate tipologie di persone. E’ quella che chiamiamorobotica assistiva. Una tecnologia al servizio della medicina e della psicologia, che riveste quindi un forte interesse sociale. Si tratta della Macro-Robotica, Micro-Robotica, Bio-Robotica tutte discipline che in primis hanno fatto attenzione alle applicazioni possibili nel mondo dellariabilitazione. In questo campo si lavora da decenni sull’idea di una tecnologia assistiva, di cui parlava già nel 1983 l’Assemblea delle Nazioni Unite come di un processo preciso, con obiettivi e limiti temporali ben precisi, con il fine di migliorare il livello funzionale fisico, mentale e sociale di persone affette da menomazioni, fornendo loro gli strumenti per cambiare il proprio stile di vita.

Ma di cosa si tratta? Di una sorta di facilitatori dell’apprendimento. Macchine semplici nel modo di comunicare ma anche studiate come non  invasive o eccitanti nella loro estetica. Macchine che possono essere di sostegno per i disabili che riescono ad esercitare determinati aspetti e competenze grazie a come sono programmate. Robot anche visivamente semplici e lineari, pensati proprio per non agitare i soggetti che possano trovarsi in loro compagnia.

Con chi è utile una macchina di questo tipo? Per esempio, con bambini autistici, iperattivi o con la Sindrome Down. In ogni caso ci sarà un programma diverso e un robot con peculiarità specifiche per ogni caso secondo le sue peculiarità. E poi, grande categoria che può avere ampi margini di miglioramento grazie ad un compagno robot, gli anziani.

Presenti in alcune case di riposo, i robot entrano nella vita di queste persone come assistenti che aiutano, per esempio a fare  esercizi di memoria ma non solo, possono fare in modo di migliorare la loro qualità della vita. Se è vera l’importanza di una buonaprevenzione per proteggere le risorse degli anziani, è anche vero che in questo si possono utilizzare delle macchine specifiche che permettano di mantenere alto il livello di funzionamento di determinate aree del cervello. Il robot come assistente nella riabilitazione, può ridurre i tempi di degenza negli ospedali, con il guadagno emotivo per l’anziano di sentirsi per il minor tempo possibile una persona fragile e ammalata, con tutto il dolore che per il loro equilibrio significa allontanarsi da casa.

Sono molti gli esempi illustri di come la robotica viene incontro alla psicologia in questi campi definiti. Per esempio abbiamo i robot francesi NAO. Macchina straordinarie, che possono interagire con le persone per merito della loro attenta e specifica pre-programmazione. Si occupano per lo più di forme autisticheinfantili e in quel pre-programma c’è tutta la capacità e la professionalità che si evince da una buona sintesi di tecnica e psicologia. Abbiamo poi i Robot-Era (progetto europeo in via di sviluppo), unità robotiche programmate per interagire con l’ambiente, allo scopo di assistere le persone anziane magari con malattie neurologiche degenerative. Anche in questo caso i robot si sono pensati per essere accettati dai loro utenti anziani, per cooperare con loro e sostenere la loro indipendenza.

Ma una macchina può sostituire l’uomo? Certo che no. Le stesse macchine di cui parlo sono “vive” grazie ad una attenta presenza e competenza dell’uomo  che le ha programmate e sono utili per determinati tipo di persone e non per tutti. Ma possono “sostituire” l’uomo in compiti semplici, possono aiutare le persone anziane a mantenere alto il loro funzionamento, che significa anche mantenere la loro identità, la capacità di esprimersi, di restare creativi, sereni, di sentirsi capaci di esserci.

Chi lavora nel campo dell’Invecchiamento, conosce bene il potere del mantenere le persone attive, capaci di manifestare la loro creatività anche in piccole cose. Larelazione è importante in questo e la macchina può fare questo solo in maniera superficiale, per il momento. Ma questo non toglie di cominciare a pensare il posto da dare alla tecnologia anche nel pensare alla psicologia e  ai suoi molti utilizzi.

Il Fattore Umano resta fondamentale ma è auspicabile che non ci si trinceri dietro ai pregiudizi che spesso si indirizzano alla tecnologia, come se avesse un potere a se stante e fosse una minaccia per la consapevolezza umana.L’impatto sulle persone che la robotica e i suoi sviluppi manifestano è certo non privo di limiti, eppure dobbiamo comprendere e trasformare in risorsa l’influenza della tecnologia sul nostro pensiero e sulla nostra cultura in ottica di una applicazioneconsapevole e guidata da mano umana. Una mano che deve imparare a conoscerne utilizzi e limiti e non solo una mano che allontani per paura del nuovo, questo è quello che già oggi possono dare i terapeuti e non solo, a tutta la comunità.

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