Autore: Sara Bini

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“I can remember much forgetfulness – Posso ricordarmi tanta dimenticanza” (Hart Crane)
 
Questo post sembrerà un’apologia della mia notoria scarsa memoria, della mia incapacità di analisi e forse un tentativo di camuffare e spacciare per ‘evolutivo’ il mio Alzheimer incipiente. Ma anche sì.
La dimenticanza può avere varie valenze, da valutarsi sulla base dei frutti che la suddetta dimenticanza produce e porta con sé.  Il tipo di dimenticanza che considero un po’ più ‘involutivo’ -ma che comunque ha una sua funzione- può derivare da due fattori, opposti in quanto causa ma identici nell’effetto.
Uno di essi è il freudiano processo di rimozione, nozione ormai ampiamente di dominio pubblico. Quando un evento ha una portata emotiva eccessiva per l’organismo che ne fa esperienza, si attiva un meccanismo di difesa che sposta l’evento ‘in cantina’ al fine di non disintegrare l’io della persona. Dunque un processo sacrosanto, anche se ovviamente il mostro in cantina avrà poi le sue conseguenze.
Quella che invece mi sembra davvero poco evolutiva invece è la tendenza generalizzata a rimuovere le emozioni, anche quelle che, con un piccolo sforzo, saremmo ben capaci di metabolizzare – anzi, ci farebbero perfino maturare. Accadimenti relativamente ‘innocui’ come la fine di una storia sentimentale, un improvviso innamoramento o l’incontro con qualcosa di nuovo vengono talvolta percepiti come ‘disturbanti’ e quindi accantonati sotto la soglia della nostra coscienza. Ciò produce una società di bradipi affettivi, incapaci di affrontare il minimo disagio e che per qualsiasi interrogativo esistenziale ricorrono allo psicofarmaco, allo psico-alcool o allo psiconano. 
 
L’altro tipo di dimenticanza è più strutturale e si manifesta quando, per svariati motivi, la persona non ha sviluppato un corpo emotivo decente. La scienza ha ampiamente dimostrato che la memoria è collegata alle emozioni, per cui chi non le prova,  dimentica facilmente e trattiene poco. Anche questo non è proprio un indice di benessere per la persona in questione, nonostante possa perfino vantarsi di una grande stabilità emotiva.
Su questa linea aggiungo che sarebbe auspicabile cercare di ‘chiudere i cerchi’, ossia non lasciare persone e situazioni ‘sospese’ in eterno e anzi, chiedere scusa o offrire chiarimenti laddove questo è ancora possibile. E’ un atto di amore verso se stessi, oltre che verso la relazione o la persona ‘incompiuta’.