Autore: Sergio Stagnitta

vedi blog CinemaePsicologia

Vedendo il film di Almodóvar “La pelle che abito” (2011) mi è venuto in mente un libro straordinario, che consiglio a tutti di leggere, di Didier Anzieu, uno psicoanalista francese molto famoso, tra l’altro, per le sue teorie sui gruppi. Ho accennato a questo testo nel gruppo facebook cinema e psicologia
https://www.facebook.com/groups/cinemaepsicologia/

Riporto in questo post l’incipit del libro che si intitola “L’epidermide nomade e la pelle psichica”. Edizione italiana Raffaello Cortina (1990).

Mi sembra un racconto pieno di spunti interessanti ed anche un vertice di osservazione particolare in relazione al film.

“Quando ero bambino, i miei sogni non somigliavano affatto a quelli dei miei compagni, e per questo li ho tenuti per molto tempo nascosti. Il più antico che ricordi è senza dubbio all’origine della mia vocazione (psicoanalitica). Verso i tre anni, prima di dormire, immaginavo di spogliarmi della mia pelle, che arrotolavo su se stessa e deponevo sul comodino per la notte. Mi ripugnava che, durante tutta la giornata, questa pelle fosse stata toccata, strofinata, colpita, sporcata, lavata, graffiata, manipolata in modo brusco o inopportuno dalle diverse persone che si arrogavano il diritto di occuparsi del mio corpo, e che rivaleggiavano con doloroso zelo in questa pratica. Dovevo liberarmi della mia epidermide, per permettere al sonno di prendersi meglio cura di me. Quando mi sbarazzavo di questa specie di tuta, cancellavo ogni traccia di ammaccatura e cessavo di sentirmi malmenato. La mia carne si gonfiava senza incontrare resistenza, fluttuavo in uno spazio e in un tempo infiniti. Diventavo uno e tutto. La veglia si scioglieva in un sonno apparentemente delizioso. Un sogno veniva però a sciupare tutto. Un fantasma, invidioso del mio benessere, attraversava la porta chiusa a chiave della mia stanza e rubava la mia spoglia. Mi assaliva l’angoscia di esporre il mio corpo, ormai più che nudo. Agli occhi e alla mani altrui, un corpo privo di consistenza e di padronanza di movimento; passava un certo tempo prima che mi rendessi conto che era un sogno e ritrovassi, con calma, la pelle e il pensiero”.

L’immagine che ho utilizzato per questo post è tratta dalle opere di Louise Bourgeois citate in parecchie inquadrature nel film di Almodóvar.