Autore: Dott.ssa Marzia Cikada

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Mia nonna aspettò sette anni il suo sposo

non sapendo neanche se fosse morto in guerra.

Adesso se lasci il  telefono in bagno mezza giornata

puoi mettere in crisi un rapporto.

“La Distanza” A.Baronciani, Colapesce

Qual’è la nostra giusta distanza?Quanto devono essere vicine le persone per sentirle intime e quanto lontane per sentirle distaccate? A che punto ci sentiamo invasi? E quanta distanza mettiamo tra noi e gli altri?

L’uso che facciamo dello spazio ha dato vita in un passato recente, metà novecento, alla Prossemica, che studia proprio il significato di gesti, distanze, relazioni e come questi siano comunicazione. A presentarci i suoi studi in merito, l’antropologo Edward Hall che ha definito le varie “distanze” per entrare in contatto con gli altri ( personale, intima, sociale, pubblica) diverse a seconda della necessità. Così avremo una distanza diversa se parliamo con gli amici, se sussurriamo qualcosa al partner, se incontriamo un nostro superiore. Anche i mobili, per esempio, ci aiutano a capire come abitare quelle distanze. Pensiamo alla scrivania del capo, alla cattedra dell’insegnante ( una volta poggiata di una base ben più alta dei banchi degli studenti) o anche ai diversi usi che vengono fatti della sedia/poltrona in terapia. Tutto ci parla dello status sociale o intimo di quella relazione.

Proviamo a metterci di fronte ad una persona che non conosciamo o che conosciamo. Avviciniamoci e sentiamo come cambia velocemente la temperatura emotiva che proviamo. I due poli saranno:  vicino/coinvolto lontano/distaccato. Ma la distanza è una unità di misura cangiante, che si adatta alle necessità/difficoltà delle persone, capace di far sentire vicini a chilometri di distanza e viceversa. L’arte di capire il giusto numero di metri, passi, abbracci da porre tra noi e gli altri si impara con il tempo, sapendo per primi decifrare la nostra “Tabella delle distanze”. Nelle relazioni intime, a volte non è far l’amore che annulla le distanze, ma un grado di intimità diverso, sottile e sfumato che ci porta a sentire l’appartenenza come un caldo star bene, fosse anche per un piccolo gesto del tutto “normale”, così come il nostro modo di parlare con qualcuno può raccontarci il nostro bisogno di allontanarci da questa persona.

Nella coppia si sente molto spesso l’accusa ” ti sento lontano/a” e non stiamo parlando per forza dicuorispezzaticoppie che vivono in città diverse. Essere presenti è a volte una complessa sfida a noi stessi e alla nostra paura della relazione. Il “quanto basta” delle ricette relazionali è, ogni volta, da saggiare sul campo. Sebbene immersi in una società tecnologica che ci illude di essere tutti “vicini vicini”, siamo in realtà alle prese con una distanza spesso fortissima, incapaci di decifrare il suo stesso peso perchè convinti, invece, di essere in contatto. Una rete di contatti illusori, che passano dai social fino alla chat di WhatsApp, ci dice che esistiamo e siamo vicini gli uni agli altri grazie alla nostra vita online, ma quanto ci tocca veramente di questo? Se, attraverso la tecnologia delle relazioni, aumenta il controlloquesto non si traduce, peraltro, in una aumentata intensità del coinvolgimento emotivo. So esattamente dove sei, cosa fai, con chi parli ma posso dire lo stesso di cosa provo/provi ? Sono vicino o lontano?

Se per alcuni essere vicini fisicamente è necessario (toccano, parlano a pochi centimetri, abbracciano spesso, cercano contatto fisico, tattile), rappresentando ildesiderio di accettazione, di essere amati, in alcuni casi si rischia di oltrepassare i limiti altrui, invadendo quello che invece è il suo spazio necessario per stabilire una relazione positiva. Viviamo tutti in una sorta di “Test della vicinanza”, che non sempre funziona attraverso un pensiero del tipo ” se ci viene permesso di avvicinarci allora ci vogliono bene”. Il bisogno di contatto, tipico dell’intimità, parla moltissimo di noi e del nostro grado di “sopportazione” della vicinanza come della lontananza. Insieme, ci fa vedere, misurandolo in metri e non solo, la nostra capacità di essere toccati dagli altri emotivamente ancor più che fisicamente. Per questo in alcune relazioni ci si concede la sessualità ma, in fondo, si pecca in assenza di intimità. Non ci si tocca veramente, vuoi perchè entrare in contatto contamina la mia autonomia con l’altro e questo significaresponsabilità e impegno, un legame che può spaventare chi vive con difensiva leggerezza le relazioni.

Troppo vicino, soffoca. 

Troppo lontano, raffredda.

La distanzaE’ lontano chi dice “Parla pure” mentre guarda lo schermo del suo smartphone.

E’ vicino chi riesce a comunica presenza, contatto anche solo con uno sguardo.

Molte distanze le che creiamo proprio per non impegnarci in quello che facciamo. Fino a quando  non scopriamo di non avere niente di veramente vicino e si inizia a pensare a cosa valga la pena tenere con sé. Di distanza nelle relazioni e di paura di esserci, parla il libro a fumetti “La Distanza” di A.Baronciani e Colapesce. Una storia semplice e gradevole che sottende proprio un chiedersi quali siano le distanze che siamo pronti a rischiare di riempire.

Noi tutti ci nutriamo di distanze, modularle in una armonica capacità di incontrarci dà vita ad un genuino stare vicini, quello degli abbracci, quello dell’empatia, quello che annulla la tensione di un allontanamento e la scioglie in un ” ci siamo”. La possibilità di definire la giusta distanza, passa di molto per la possibilità di definire le emozioni dell’altro, interpretazione che diventa possibile grazie alla nostra capacità empatica, che ci avvicina e sintonizza sullo stato d’animo di chi abbiamo o vogliamo accanto.

La distanza è nel tempo e nello spazio e in una società sempre più “liquida” siamo continuamente in balia del vicino eppur lontano emotivo. In questo, il sociologo, filosofo polacco Zygmunt Bauman, ci viene incontro con il suo concetto di liquidità-moderna che avvolge tutta la nostra vita, in una società dove tutto scivola talmente in fretta da far fatica a diventare solido, sicuro. Adattandoci a questo continuo cangiare della società, e alla sua difficoltà a mantenere la sua forma anche per poco, ne viviamo il significato nei nostri amori, nel nostro corpo, nel nostro modo di sentirci presenti nel mondo, con l’ansia che questo comporta e la fatica a trattenere e costruire solidità affettive.

Ma questo non significa che non ci sia una strada per costruire e difendere il proprio voler essere presenti e vicini nelle relazioni, nella consapevole accettazione dei rischi che comporta e il bel guadagno che possiamo viverne emotivamente. La scelta è quotidiana. Come si chiedeva, in fondo, Richard Bach, nel suo libro Nessun luogo è lontano:

Può una distanza materiale separarci davvero dagli amici? Se davvero desideri essere accanto a qualcuno che ami, non ci sei forse già?

Pollicino:  La distanza tra cosa è vicino e cosa lontano

L’Orco : La liquidità che ci spinge a non trovare mai un appiglio solido e genera ansia

L’arma segreta : Scegliere le relazioni, scegliendo di esserci