Queste elezioni dell’Enpap, ove mi sono candidato, con tutta la bagarre in essere, continua a far riaffiorare tantissimi ricordi, oramai sopiti.
Oggi ne racconto un altro. Fino all’età di 14 anni, come tanti, facevo parte del coro della parrocchia, in quel periodo ci fu un cambiamento interno, certamente causato dai cambiamenti che accadevano nel mondo esterno. Erano gli anni in cui nascevano vari gruppi musicali. Imparai a suonare ancora meglio la chitarra, avevo anche una buona voce, incontrai altra gente che suonava e nacque così il nostro gruppo musicale. Prime prove, sembrava andare ok, io chitarra ritmica e voce solista. Nello scorrere del tempo, ho cambiato vari gruppi, sono anche stato il bassista e la chitarra solista, l’unica cosa che nel frattempo non cambiava era l’essere la voce solista.
Successivamente, stanco delle varie serate e matrimoni, si mangiava sempre la solita solfa e si cantava sempre il solito repertorio, lasciai i gruppi e con un amico formammo un duo: iniziò l’avventura del cantautore. Nel duo io suonavo la chitarra ed il mio amico suonava le percussioni (un bongo). Con questa strana formazione abbiamo calcato vari palcoscenici, sia partecipando a dei concorsi canori sia da ingaggiati (ci pagavano). Devo dire che alcune volte abbiamo vinto.
Cosa ha fatto riaffiorare, in questo periodo di elezioni, questo mio pezzo di vita?
Alcune scene di quando partecipavamo a dei concorsi canori, oppure a degli spettacoli, uno di questi anche presso la Rai.
Quando si arrivava nella sala prove per i concorsi o nel retropalco prima delle esibizioni in alcuni concerti, naturalmente non eravamo i soli partecipanti, c’erano anche altri gruppi musicali. Tutti avevano delle strumentazioni e attrezzature super potenti per allora, attrezzature che venivano montate e provate per far emergere al massimo le loro peculiarità. Anche noi due eravamo insieme a questi super gruppi, spesso venivamo guardati, non dico con disprezzo ma quasi, ossia dall’alto in basso. La nostra preparazione per l’esibizione o le prove consisteva nell’accordare al meglio la mia chitarra dodici corde mentre il mio partner accendeva una candela (devo chiarire che non serviva per pregare qualche santo) con la quale riscaldare e tirare le pelli del bongo in modo da avere la massima tensione e sonorità.
Ed eccoci all’esibizione, semplici nel nostro essere una chitarra, un bongo ed una voce solista, i nostri testi parlavano della gente, del dolore della vita, parlavamo alla gente. Il nostro in quel momento era un cambiamento, anche nel confrontarci con questi super ed attrezzati gruppi, ed è accaduto che le giurie, il popolo, la gente, ci abbia dato la fiducia e la vittoria.
Giuseppe Latte
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