Gentili colleghe/i,

eccomi come promesso a scrivere il mio pensiero sull’esito delle elezioni dell’Enpap. Premesso che io ho sempre dichiarato, sin dal momento in cui mi sono candidato per il CDA, che comunque andasse per me sarebbe stato un successo, oggi continuo a dire che per me è stato un successo. Il successo deriva dal fatto che ho detto quello che pensavo e penso del sistema, ed era impensabile ipotizzare per chiunque di poter vincere questa partita. Il gioco delle elezioni era stato organizzato come un gioco a somma zero (0), così è stato, al di là dei patetici stati d’animo espressi da alcuni candidati. Naturalmente, Altrapsicologia ha stravinto. Il loro muoversi è stato perfetto, in questi anni si sono affaticati per raccogliere proseliti, il loro lavoro certosino gli ha permesso di avere un’associazione con 8000 e passa iscritti. Questi numeri sono emersi allo scrutinio, il loro elettorato è stato compatto, hanno raggiunto il loro obiettivo, però mi chiedo qual’ è il loro obiettivo? Dicono di aver fatto e di voler fare qualcosa per gli psicologi, per i giovani, per le donne, per le adozioni anche omosessuali, per il futuro di tutta la categoria, però il futuro è oggi? Mi sono posto in questi tre giorni una domanda, da solita voce fuori dal coro, mentre leggevo i commenti dei colleghi che politicamente si congratulavano con i vincitori, dicendogli che sono una classe dirigente ottima e rappresentativa per la categoria.

La mia domanda: “rappresentativi di chi?

Ho analizzato ripetutamente i numeri dell’elezione.

Aventi diritto al voto: 54.944;

Votanti: 12.905;

Non votanti: 42.039.

Il dato che emerge e che io trovo significativo è 42.039, ossia l’elettorato che si è espresso nel suo non voto, un elettorato come numero (così mi sembra) maggiore dei votanti, quindi andando oltre l’osanna dei colleghi di Altrapsicologia, mi sorge nuovamente la domanda: ma chi rappresentano? Dire che rappresentano la categoria mi sembra leggermente azzardato. Loro possono dirsi in questo momento bravi per come hanno condotto il loro operato, hanno imparato bene su come ci si muove nel mondo politico, prendendo vari modelli di riferimento: il primo modello rappresentato dalla Chiesa, primo vero modello di organizzazione per creare proselitismo; il secondo modello, il PCI, che copiando dalla Chiesa cercò di migliorarne alcune peculiarità (persuasione e presenza sul territorio) ed ultimo modello, quello che va per la maggiore al momento, il modello politico. Ribadisco che sono stati bravi, ma andando oltre il loro saper fare, i nostri giovani rampanti non rappresentano la nostra categoria. Come fase successiva nella mia fantasia mi immagino a breve, su emulazione dei modelli di riferimento di cui parlavo: Chiesa (con le sue parrocchie), PCI (con le sue case del popolo), avremo presso gli Ordini (le case dello psicologo). Però pur con le case dello psicologo, non potranno dirsi di essere rappresentativi della categoria. Concludo inoltrando ai colleghi vincitori una domanda: come mai è accaduto che 42.039 psicologi non hanno votato? Questa volta era molto semplice votare, non c’era tutta la farraginosità e la perdita di tempo delle altre volte, addirittura per gli anziani (probabilmente veniamo visti come non abili) c’erano le postazioni per votare, eppure qualcosa è accaduto, la maggioranza del popolo degli psicologi, il 76,51%, non ha votato. Vogliamo chiamare questo popolo indifferente? Un popolo che non si impegna? O tutti noi dobbiamo porci seriamente la domanda sul perché? Perché i nostri colleghi non hanno risposto all’appello al voto. Partiamo da questo dato, lasciando a casa il narcisismo che ad oggi vi fa credere di essere la migliore classe dirigenziale mai avuta da questa popolazione di psicologi, ricordando inoltre che non siete rappresentativi del popolo degli psicologi. Pertanto rimboccatevi le maniche iniziando realmente a fare qualcosa anche per noi oramai catalogati come diversamente abili.

Giuseppe Latte