LO STALKING: CONOSCERLO E DIFENDERSI

Autore: Dott.ssa Monica Moresco

Alcuni comportamenti come telefonate, sms, e-mail, “visite a sorpresa” e perfino l’invio di fiori o regali, possono essere graditi segni di affetto che, tuttavia a volte, possono trasformarsi in vere e proprie forme di persecuzione in grado di limitare la libertà di una persona e di violare la sua privacy, giungendo perfino a spaventare chi ne è destinatario suo malgrado.
A diventare “molestatore assillante” o “stalker” può essere una persona conosciuta con cui si aveva qualche tipo di relazione o perfino uno sconosciuto con cui ci si è scontrati anche solo per caso, magari per motivi di lavoro.

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http://www.benessere.com/psicologia/arg00/sindrome_molestatore.htm

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Film (Aprile 2015): “Tale of Tales” – Il racconto dei racconti

Film (Aprile 2015): “Tale of Tales” – Il racconto dei racconti

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1600. Una regina non riesce più a sorridere, consumata dal desiderio di quel figlio che non arriva. Due anziane sorelle fanno leva su un equivoco per attirare le attenzioni di un re erotomane sempre affamato di carne fresca. Un sovrano organizza un torneo per dare in sposa la figlia contando sul fatto che nessuno dei pretendenti supererà la prova da lui ideata, così la figlia non lascerà il suo fianco e i confini angusti del loro castello.

vedi intera Trama del Film

vedi Trailer del Film

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L’azienda che sa fare e che sa parlare.

Autore: Giovanni Iacoviello

vedi Blog dell’Autore

“Vincete con le azioni, non con i ragionamenti”

Robert Greene

In genere ci si aspetta che le aziende che sono capaci di comunicare (per quanto non sia facile concordare quali siano gli standard di tali abilità comunicative) con clienti e fornitori, e con i dipendenti, siano anche capaci di fare. Ma è sempre così? Viceversa, quelle che sanno fare, sanno anche comunicarlo?

La comunicazione pragmatica e l’impossibilità di non comunicare.

La comunicazione aziendale, sia essa interpersonale che scritta, stampata o sul web, è uno degli elementi più importanti per far conoscere l’azienda e i suoi prodotti e servizi. Ma c’è comunicazione e comunicazione. A Palo Alto in California, l’antropologo Gregory Bateson, insieme ad un equipe di eccellenti cervelli della salute mentale, studiarono per anni approfonditamente gli effetti pratici della comunicazione interpersonale, e i risultati furono riassunti in 5 principi chiamati assiomi, spiegati nel libro La pragmatica della comunicazione umana, di Watzlawick e colleghi. Il primo di questi ci informa che non si può non comunicare. Quindi anche stando zitti, o non facendoci sentire, abbiamo già detto qualcosa. Ciò può essere interpretato dagli interlocutori in vari modi come il non voler parlare, o non aver nulla da dire, o non essere abbastanza importanti per essere sentiti. E’ quindi utile domandarsi se valga la pena di non impegnare delle risorse per gestire la nostra comunicazione.

La comunicazione interna: quando le azioni “insegnano” più delle parole.

Ci sono aziende che, per contro, parlano di sé e dei propri principi, di quello che vogliono realizzare, e dei valori che vogliono promuovere. Però c’è una discrepanza più o meno grande tra il loro parlare bene e le loro azioni. Come già visto nell’articolo La leadership dell’esempio, Robert I. Sutton e Jeff Pfeffer parlano dell’incongruenza tra valori aziendali enunciati e azioni effettive nell’opera The knowing-doing gap (il ‘salto’ o divario tra il sapere e il fare). Se nell’ambiente aziendale in cui veniamo assunti troviamo certi comportamenti virtuosi, noi tendiamo ad imitarli, con resa maggiore rispetto alle parole spese per “inculcare” tale comportamento.

Saper fare con passione, e saperlo comunicare.

Anche fare le cose bene e con passione è una modalità d’azione che favorisce una comunicazione al di là delle parole. I nostri buoni prodotti e servizi parlano per noi, anche grazie al passaparola positivo dei clienti soddisfatti. Dato che questo però non può evitare all’azienda di comunicare (ad esempio attraverso i propri lanci stagionali e le campagne, o con il rispondere alle curiosità ed esigenze dei propri interlocutori, o attraverso lo “stare tra la gente” per ascoltare empaticamente e capire le sue esigenze), non si può evitare di pianificare questa comunicazione in modo che essa non sia casuale ma venga per quanto possibile gestita. C’è chi sa fare meno bene e ottiene maggiore consenso e reputazione perché cura tale comunicazione.

Saper fare bene “dice” qualcosa per noi. Ma anche comunicare è un’azione, che “fa” qualcosa per noi, dei cui effetti non possiamo fare a meno.

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Pane e Deontologia, il nutrimento dello Psicologo corretto

Pane e Deontologia, il nutrimento dello Psicologo corretto

Autore: Dott.ssa Marzia Cikada

vedi Blog dell’Autore

L’aspirazione fondamentale degli uomini consiste nel cercare di agire con coerenza morale. Ne dipendono il nostro equilibrio interiore e persino la nostra stessa esistenza. Solo la moralità delle nostre azioni può conferire alla vita bellezza e dignità.

Albert Einstein


Essere Psicologo significa : studio, laurea, esame di stato, partenza, via! No, non così semplice.

Essere psicologo è, prima di tutto, Responsabilità. Il nostro ruolo è di tutelare il benessere delle persone e, avendo a che fare con loro ogni giorno, è necessario muoversi sempre con estrema cautela, attenzione, rispetto. Per questo è nato il nostro Codice Deontologico. Ma, se la parola Codice, rimanda ad articoli, sanzioni e Tribunali, la verità è molto più complessa, molto più ricca di significati, persino bella. E’ un invito a riprendersi la nostra Responsabilità di Professionisti. Noi Psicologi, abbiamo a che fare con la Salute ed il Benessere delle persone. Non esiste materia più delicata che questa. Punto.

Proprio per questo motivo, è bene iniziare la propria vita professionale non completamente digiuni di Deontologia. Il Codice rappresenta la chiave di lettura della Professione di psicologo, offre spunti di riflessione su come è bene muoversi per lavorare con serietà, disegna il profilo competente dal punto di vista della preparazione ma anche rispettoso delle persone, capace di agire in maniera autonoma, attenta, senza fini illeciti, con un solo vero interesse, il benessere della Comunità allargata e della Categoria Professionale.

Quest’anno, ho avuto la fortuna, come Consigliere dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte, di poter affrontare questi temi con gli studenti dell’Università di Torino, in un Laboratorio Didattico dedicato alla materia della Deontologia. Mi piace sperare di essere riuscita a raccontare il bello che si annida nei Capi del nostro Codice, dentro ogni singolo articolo.

Il Codice Deontologico, non  norma solo i comportamenti degli psicologi, sarebbe altresì riduttivo vederla in questo modo, ma permette, pur con i limiti di uno strumento perfettibile,  di creare una linea di condotta che tutela le persone e il professionista, la categoria e la comunità.

Per questo, sarebbe bene lo conoscessero non solo i colleghi psicologi ma anche le persone che dallo psicologo si recano per un aiuto, per un sostegno, per una terapia. Una popolazione consapevole che ci sono delle regole, nate per il suo benessere, è una popolazione che sa scegliere, che riesce a dividere chi la tutela da chi non lo fa, chi lavora secondo scienza e coscienza, da chi si dice professionista senza esserlo. Perchè la cornice normativa che definisce una professione ha il compito anche di sottolineare le differenze tra chi lavora responsabilmente e chi non lo fa.

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