Quello che fa Bene… come mangiare, amare, e lo Psicologo per esempio!

Quello che fa Bene… come mangiare, amare, e lo Psicologo per esempio!

Autore: Dott.ssa Marzia Cikada

vedi Blog dell’Autore

 

Saremo veramente poveri se fossimo solamente sani

D. W. Winnicott

Cosa ci fa bene? Una telefonata inattesa, una cena nel posto giusto, cibo sano, sport, letture interessanti, stimolare la creatività, coltivare la vicinanza con chi amiamo. Sono tante le cose che ci fanno bene. E la Psicologia? Quella va bene solo se stai male, ma male male. Lo Psicologo non serve per star bene, ma solo per NON stare peggio. 

Ecco. Questo è l’errore che ancora facciamo quando si pensa allo Psicologo e al Terapeuta. Sono in molti, ogni giorno, ad affrontare problemi personali ed emotivi, a volte pensieri che torturano per un po’ ma poi passano, a volte idee ricorrenti che minano la serenità della vita quotidiana, rendendo irascibili, poco concentrati, pronti all’attacco o a nascondersi. Si tratta di problemi più o meno strutturati, che a volte si spera spariscano da soli, come per magia, senza cercare di capire cosa ci stanno dicendo, perchè ci fanno così male. Per tutte queste situazioni, o almeno per la stragrande maggioranza di queste, c’è una soluzione, spesso nascosta nello stesso problema, spesso pronta a saltare fuori se solo si ha idea di dove toccare. Lo psicologo, accompagna le persone a sapere cosa “sistemare” per riprendere il cammino meglio di prima. Non inventiamo risposte che non ci sono, ma sosteniamo le persone fino a che non trovano le loro risposte, costruendole con le risorse che hanno, anche se a volte la vita gli ha tolto la certezza, la consapevolezza di averne. Qualcosa di semplice, che fa bene.

In molti casi, conoscere un professionista psicologo è “semplicemente” questo. Ma unasemplicità costruita con competenza e rispetto. Perchè non è ancora chiaro come dovrebbe che lo Psicologo serve, non solo laddove il problema sia veramente serio, ma, anzi, per evitare lo diventi, non per non stare più male, ma per stare da benino a bene e poi a meglio. La Psicologia è quello che fa bene, un piacere, un viaggio e una scoperta che si rinnova con stupore ed entusiasmo se ci permettiamo di vivere il nostro percorso.

Lo psicologo può essere anche una presenza veloce nella nostra vita. Qualche colloquio, accendiamo la luce sugli aspetti/risorse che avevamo lasciato in ombra e si riparte. Peccato che questo della non necessaria lunga durata dei percorsi di consulenza o terapia psicologica non sia affatto chiaro a molti, che pensano che la Psicologia sia solo fatta di anni e anni di appuntamenti. Si tratta in fin dei conti di un piccolo pregiudizio? Di certo si tratta di un pregiudizio, ma non direi piccolo. Perchè molte persone finiscono con il preferire brevi incontri con altre figure, non sempre preparate come si dovrebbe, che promettono il miraggio di uno star bene immediato e in pochi passi. I pochi passi vanno benissimo, ma perchè la danza sia armoniosa, occorre conoscere la melodia. Anche per questo, oggi, uno dei compiti dello psicologo è far comprendere la sua presenza nella cornice di un Benessere costruito con competenza e attenzione.

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Dove si Incontra lo Psicologo?

Autore: Dott.ssa Simona Saggiomo

 

Questa domanda sembra di semplice risposta, ma nel corso della mia professione sto pensando a come costruire il luogo di terapia con il paziente, e non è così semplice. Ho cominciato a farmi domande rispetto al dove, quindi al luogo di incontro del colloquio con la persona e se ci penso non è sempre avvenuto in studio.

La Scuola di Specializzazione ha in più aggiunto delle varianti, così, per far diventare tutto più complesso, ma anche più affascinante. Alla telefonata che segue la richiesta di un colloquio per un problema, si spiega la strada per arrivare allo studio, questo è il primo setting che terapeuta e paziente incontrano : l’indirizzo. Quando andai in terapia la prima volta mi informai del posto in cui il mio psicologo esercitava : era a Torino, in una via centrale, un po’ caotica e ricordo che in sala d’attesa, oltre all’agitazione normale, osservavo l’arredamento, l’accoglienza, e se le sedie fossero comode. Ecco il secondo aspetto : far sentire a proprio agio la persona che entra in studio. Esistono molti tipi di studio a seconda del tipo di terapia che si intende seguire : se si accolgono bambini ci vuole uno spazio – gioco adatto all’età di riferimento, se invitiamo famiglie intere oltre lo spazio, è utile un divano o delle poltrone, se invece si seguono solo individui è facile incontrare solo due poltrone, una di fronte all’altra. Insomma : anche l’arredo non è così scontato, ma funzionale al tipo di terapia che si intende fare.

Il mio primo studio aveva una scrivania e due poltrone, ma dopo la Scuola ad indirizzo sistemico relazionale, la scrivania ha cambiato funzione: se prima era un divisorio tra me e il paziente, oggi è il luogo dove appoggiare carta e penna; tra me e i miei pazienti adesso c’è uno spazio diverso a seconda delle necessità: quindi qual è la sua funzione? E’ utile per la propria espressività corporea, sia del terapeuta, che dei pazienti. Nel momento in cui si usano delle tecniche espressive, è importante poter avere un luogo dove poter rappresentare anche altro.

Ciò che sto imparando è per comprendere le problematiche della persona anche il corpo può aiutarci, quindi un tappeto e altre sedie possono essere altrettanto funzionali per invitare altre persone o per esprimere ciò che le parole non possono dire. Un esempio che porto sempre sono le “Sculture”, usate in terapia per visualizzare e rivivere un problema anche dal punto di vista fisico, che poi verrà elaborato in seguito.

Il settimg quindi non è così scontato : incontrare l’altro presuppone che noi terapeuti nella testa abbiamo chiari alcuni aspetti : lo studio e la sua organizzazione per garantire la privacy sia emotiva che fisica.

Ma cosa succede quando si incontrano pazienti al bar o in luoghi affollati? Cosa succede quando si aiutano le persone in una tenda da capo?O quando si è in una sala d’attesa?

Ciò che ho imparato è che interventi diversi necessitano setting diversi e queste opportunità sono da cogliere per aiutare persone colpite da eventi differenti: l’importante è avere chiaro in mente che cosa si vuole fare e come, perché non tutti i pazienti vengono in studio e quindi non possiamo restare rigidi e convinti che quello sia l’unico modo per fare terapia. Sempre che di terapia stiamo parlando. Vediamo alcuni esempi.

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PSICOLOGIA DELLO SPORT e ALLENAMENTO MENTALE 1/2

Autore: Dott.ssa Monica Monaco

 

Vedi Sito Internet www.benessere.com

La psicologia dello sport e dell’esercizio fisico, talvolta indicata con l’acronimo inglese E.S.P. (Exercise and Sport Psychology), è una branca della psicologia che si occupa dell’applicazione delle conoscenze di questa disciplina al comportamento umano in contesti di attività fisica amatoriale o agonistica. In termini generali, in quanto applicazione della “scienza del comportamento”, gli interventi di psicologia sportiva mirano ad individuare il funzionamento mentale dei destinatari, a potenziare atteggiamenti efficaci e abitudini positive o a sostenere cambiamenti di comportamenti negativi nel caso in cui queste trasformazioni siano utili per sostenere la salute o le performances.

leggi intero articolo su

http://www.benessere.com/psicologia/arg00/psicologia_sport_mental_training.htm

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Buona Domenica!!

“Ci sono solo due giorni all’anno in cui non puoi fare niente: uno si chiama ieri, l’altro si chiama domani, perciò oggi è il giorno giusto per amare, credere, fare e, principalmente, vivere.”

(Dalai Lama)

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