Una fusione di Buddismo e Psicologia

traduzione di Ileana Sestito

Psicologa e insegnante di meditazione buddista Tara Brach richiama appassionati dalle scuole, dalle carceri e anche dagli uffici legislativi di Capitol Hill.

By Tori DeAngelis

Quando Tara Brach, parla, molta gente ascolta. Anche quando non parla, si ascolta – o semplicemente si uniscono a lei in silenzio. La Brach è una presentatrice popolare presso i centri spirituali in tutto il paese, con circa 10 workshop e due o tre ritiri di meditazione ogni anno. Ha seguaci in più di 150 paesi, che scaricano gratuitamente i suoi discorsi e le sue meditazioni guidate e divorano i best-seller dei suoi CD e dei suoi libri, tra cui il libro del 2013 “Vero rifugio: Trovare la pace e la libertà nel risveglio del proprio cuore”, che illustra come le persone possono trovare “la loro vera casa “- cosa che Brach definisce ” un tempo, presenza amorevole “- anche nelle condizioni più difficili. “Quello che ho trovato nel corso del tempo è che più posso riconoscere ciò che sta accadendo nel momento presente e più semplicemente posso aprire e permettere all’esperienza senza giudizio, di tornare a casa “. Il suo approccio fonde il buddismo con gli insegnamenti psicologici in modo tale che siano facili per le persone da applicare nella loro vita quotidiana, dicono i colleghi. “Tara ha una capacità incredibile di portare gli insegnamenti ad essere vivi con le sue storie personali, che mostrano la sua vulnerabilità, ma allo stesso tempo, incidono sullo sviluppo degli altri”, dice Cheri Maples del Center for Mindfulness e Justice, un non-settario centro di formazione di mindfulness dei professionisti della giustizia penale e altri. Nel corso dell’ultimo decennio, l’insegnamento di Brach e la scrittura hanno contribuito a ispirare una linea di ricerca che ha reso le tecniche di mindfulness più mainstream, dice un ricercatore e psicologo, dell’ Università di Toronto, Zindel V. Segal. E ‘stato uno dei fondatori fondamentali della terapia cognitiva basata sulla mindfulness- un approccio che utilizza tecniche di mindfulness per prevenire la ricaduta alla depressione, prima delineata con i colleghi J. Mark G. Williams, e John D. Teasdale, in un articolo del 2000 nel Journal of Consulting e Clinical Psychology. ” Arrivando in un momento in cui questo campo era ancora alle prese con il modo in cui le pratiche di mindfulness e compassione potevano essere integrate nel trattamento clinico, il lavoro di Tara è stato profondamente influente”, dice Segal.

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La Psicoterapia una Cura Biologica che Modifica il Cervello

Autore: Dott.ssa Maria Grazia Antinori

vedi Sito Web dell’Autore

 

La psicoterapia, la cura con la parola, produce modificazioni accertate e documentate sul cervello, da circa una ventina di anni si hanno le prove strumentali che l’esperienza e l’apprendimento modificano la stessa struttura anatomica e neurologica dell’encefalo. Uno dei maggiori neuroscienziati viventi, Eric Kandel, premio Nobel per la medicina e la fisiologia. del 2000  neurologo e psichiatra statunitense, considera la psicoterapia  un vero e proprio trattamento biologico. Cinquant’anni fa, Kandel ha iniziato studiando il comportamento e il sistema nervoso dell’Aplysia, una piccola lumaca, ed è arrivato ad estendere le sue scoperte all’apprendimento dell’uomo. La sua scoperta è centrata su come l’apprendimento modifica l’encefalo, in sostanzal’apprendimento produce un rafforzamento delle sinapsi, ossia delle interconnessione dei neuroni, le cellule nervose ma non modifica la struttura del neurone stesso. La scoperta è stata rivoluzionaria e ha aperto un nuovo modo di approcciare gli studi neurologici interconnessi con l’apprendimento. Un altro aspetto fondamentale delle scoperte di Kandel è la relazione tra il patrimonio genetico e la plasticità e modificabilità del  cervello, è’ stato dimostrando  che le connessioni sinaptiche possno essere modificate in modo stabile dalle nuove esperienze. L’idea  centrale è che la comprensione dei processi biologici dell’apprendimento e della memoria aprono alla possibilità di capire il comportamento delle persone ed i loro  disturbi e sintomi di malessere psicologico e  psichiatrico. Questa intuizione ha rappresentato una svolta storica nelle neuroscienze ed ha aperto la strada agli studi interdisciplinari tra  la  biologia, la psichiatria e la psicoanalisi.

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Alimentazione e Psiche: Il legame tra zucchero e depressione

Autore: Dott. Marco Turi

vedi Blog dell’Autore

 

Le malattie del corpo si curano con la mente. Le malattie della mente si curano con il corpo. [Anonimo]

Negli ultimi decenni la depressione e in generale i disturbi dell’umore hanno subito una forte crescita. La prevalenza del disturbo depressivo maggiore in età adulta è del 10-25% nel genere femminile, contro un 5-12% nell’uomo. Le cause sono varie (ambiente sociale, predisposizione genetica, relazioni affettive precoci, ecc.) ma in quest’articolo tratteremo nello specifico l’alimentazione. Mente e corpo sono fortemente connessi e questo legame oggi viene sempre più riconosciuto. La nascita della psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI) che studia la relazione tra le fluttuazioni degli ormoni e il comportamento umano, ha dimostrato senza ombra di dubbio che la psiche interviene sul corpo.

Alimentazione ed evoluzione

La nostra mente sin dalle epoche preistoriche si è plasmata al fine di garantire la sopravvivenza della specie umana. Spesso i nostri antenati si trovavano per lunghi periodi senza cibo. Assumere cibi grassi e zuccherini, significava trovare energia accumulabile da conservare in previsione di tempi difficili. Questo è uno dei motivi principali che ci porta a mangiare eccessivamente questi alimenti.

Il nostro organismo è abituato a ricevere basse quantità di zuccheri che il nostro antenato preistorico prendeva dalla frutta e dalle spighe di grano trovate per caso. Il nostro organismo ha dovuto inventare un modo per far sì che noi ricercassimo questi alimenti affinché sopravvivessimo alle carestie.

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Troppo Autocontrollo fa male. Emozioni, repressione e salute per il nostro benessere psico-fisico

Troppo Autocontrollo fa male. Emozioni, repressione e salute per il nostro benessere psico-fisico

Autore: Dott.ssa Marzia Cikada

vedi Blog dell’Autore

 

L’individuo equilibrato è un pazzo.
Charles Bukowski
 

Lo dico o non lo dico? Mi trattengo o mi innervosisco? Mostro la paura o faccio come se non mi toccasse in nessun modo? Sono scelte che facciamo tutti i giorni, nelle relazioni come sul lavoro, con i figli e i colleghi ma anche con chi incontriamo per piccoli momenti della giornata, in strada o al supermercato.

Non è una scelta banale manifestare o meno le proprie emozioni. Ogni nostra scelta ha una precisa ripercussione a seconda del motivo che l’ha messa in moto, della situazione in cui è stata generata e della relazione che intercorre con chi ne è, in qualche modo, l’artefice esterno. Tutto quello che significa una singola emozione lo possiamo sentire, vivere e patire sul nostro benessere mentale e fisico.

Se da una parte si elogia l’autocontrollo, non lasciandosi prendere dall’istinto ma modulando quanto proviamo, dall’altra è bene non tenere sempre tutto dentro. Come sapeva già bene Publio Ovidio Nasone nelle sue “Metamorfosi”, “Medio tutissimus ibis” che, tradotto, vuole dire semplicemente che si cammina più sicuri nel mezzo. Perchè? Se l’autocontrollo aiuta a gestire quello che proviamo, evitando eccessi negativi e spiacevoli legati al semplice impulso, non dare MAI voce alle proprie emozioni può essere ancor più pericoloso per la salute nel suo complesso.

Le emozioni sono infatti tantissime e ci servono tutte!

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Montagnaterapia: tra Attività fisica, Mente e Ambiente

vedi Sito Web www.montagnaterapia.it

 

Imbocco il sentiero e piano piano sento la mia mente svuotarsi dai problemi dallo stress quotidiano, come se entrassi in un altro mondo in una dimensione dove il passato non esiste, e finalmente, mi sento svuotato dall’odio, dalla rabbia, dalla delusione che sfinisce la mia vita quotidiana. Finalmente posso sorridere con un sorriso vero, diverso dal sorriso di tutti i giorni, sorrido, perché posso sentire la pace interiore che si fonde con la quiete esteriore. Riesco a sentire il battito accelerare ma non mi accorgo della fatica, perché la mia mente lascia spazio solo ai sensi per captare i profumi che arieggiano in quella brezza frizzantina che riempie i polmoni e tutta la mia anima di gioia, quella gioia che trovo solo sul sentiero che mi porta in alto nel mio mondo tra le montagne. [Anonimo]

L’attività fisica, in particolare quella di tipo aerobico (camminare, correre) ha un’azione protettiva per il cervello e il tessuto nervoso in genere. Diversi studi hanno dimostrato un incremento delle abilità cognitive, un’attenuazione dei deficit motori, stimolazione della neurogenesi (produzione di nuove cellule nervose), miglioramento dei deficit in malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer e la sclerosi multipla.

La regolare attività fisica ha l’effetto di un potente antinvecchiamento, grazie al blocco della perdita di neuroni legati all’età. Gli effetti cerebrali dell’esercizio fisico sono addirittura simili a quelli prodotti dai più moderni farmaci antidepressivi e ansiolitici.

La spiegazione di questi benefici si trova nell’incremento a seguito di attività fisica, della produzione di una proteina di derivazione cerebrale, la BDNF (Brain-Derived Neurotrophic Factor – Fattore Neutrofico di Derivazione Cerebrale) che ha un effetto neuroprotettivo e neruotrofico, cioè aumenta la capacità di sopravvivenza dei neuroni e promuove la crescita dei prolungamenti cellullari. L’effetto è potenziato se l’attività viene praticata nelle ore della giornata con più luce.

Entrare in contatto con ambienti naturali fa bene alla mente, riduce l’ansia, lo stress, promuove stati d’animo positivi aumentando l’autostima e la fiducia in se stessi. Questa relazione è stata evidenziata da diverse ricerche, ed oggi il contatto con la natura è divenuto elemento centrale o parziale di alcune forme di terapia.

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