Dillo che ti passa! Come il Coming Out migliora la salute

Dillo che ti passa! Come il Coming Out migliora la salute

Autore: Dott.ssa Marzia Cikada

vedi Blog dell’Autore

 

Continuavo a dirmi che il cielo era rosso, ma ho sempre saputo che era blu. Nessuno vuole vivere nel terrore, ma io ho sempre avuto paura di dire la cosa sbagliata. Non dormo bene, non ci sono mai riuscito. Ma ogni volta che lo dico a qualcuno, mi sento più forte e riesco a dormire un pochino meglio. Serve un enorme quantitativo di energia per difendere un segreto così grande. Ho vissuto a lungo in una bugia. Ero certo che il mio mondo sarebbe crollato se qualcuno avesse saputo. Eppure quando ho finalmente capito la mia sessualità mi sono sentito completo per la prima volta.
Jason Collins, (primo cestita americano a parlare della sua sessualità)
 

2Coming Out” significa, letteralmente, “uscire fuori”. In principio, la frase per intero era Coming Out of the closet  ( Uscire dall’armadio o ripostiglio) ed indicava il dichiarare il proprio orientamento sessuale o la propria identità sessuale, uscendo dal buio e dal silenzio del timore, del giudizio, del pregiudizio, della reazione altrui. Venire allo scoperto è per moltissime persone un passo non facile. Specialmente quando si parla di sesso, dire a tutti “amo gli uomini”, “amo le donne” o “mi sento uomo o donna” significa parlare di sé ed essere pronti alle reazioni, non sempre positive.

Un programma de La5 ci propone di allargare lo sguardo, passando dallo svelamento puramente sessuale a quello di altre peculiarità della propria vita che per un qualche motivo non si è mai avuto modo o coraggio di dire. Si tratta del docu-reality “Coming Out” appunto, che affronterà dieci storie di persone che, alla fine, hanno raccontato chi sono. Storie dove si parla di come parlare di chi si è con chi si ha vicino, con tutta la fatica che questo comporta. Ma non è solo il sesso a fare la parte del padrone, spesso sono molte le cose che nascondiamo nell’armadio per paura di perdere qualcuno, per timore del giudizio del mondo che ci circonda. Aspetti del nostro essere che fingiamo non siano parti di noi, che non si debbano mostrare o che sarebbe meglio lasciare in un angolo nascosto. Come il proprio aspetto fisico nelle storie online, quelle che fanno fatica a diventare reali uscendo dallo schermo o le proprie aspirazioni quando non sono in linea con quelle indicate da storie familiare o, ancora, come ammettere di voler lasciare un lavoro, magari un posto fisso, per seguire un sogno.

Di velato c’è molto, nelle vite di molti. Stili di vita, ideali, orientamento sessuale. Molti aspetti vengono trattenuti, a volte si riesce a parlarne con qualcuno, cercando la forza di rendersi visibili, altre si fa fatica, vivendo tra le bugie che si è costruito un periodo più o meno lungo. Ogni bugia però ci allontana da noi stessi, alla possibilità di vivere la storia che vogliamo, di scrivere il racconto della nostra vita con le parole scelte da noi stessi, con gli uomini o le donne che desideriamo, con il corpo che sentiamo appartenerci.

Eppure, svelarsi, fa bene.

 In un articolo del 2013 scritto per la rivista “Psychosomatic Medicine” dal Team del CSHS ( Centro Studi per lo Stress Umano) Robert-Paul Juster, Nathan Grant Smith, Émilie Ouellet, Shireen Sind e Sonia J. Lupien, “Sexual Orientation and Disclosure in Relation to Psychiatric Symptoms, Diurnal Cortisol and Allostatic Load”,si affronta il problema lavorando su come ricade sulla salute il proprio svelarsi o meno. Si è andati a vedere quanto sia diverso il livello di stress, manifestato da sintomi depressivi, in lesbiche, gay e bisessuali che abbiano o non abbiano svelato al mondo il loro orientamento sessuale. Questo perchè, nonostante il progresso che si è avuto nella società, l’orientamento sessuale, chi si ama e con chi si fa l’amore, sono ancora fortemente stigmatizzati e fonte di ansia e stress. Per questo, il coming out non viene sempre fatto e spesso si decide di nascondersi dalla famiglia, come dagli amici e sul lavoro. Questo nascondersi aumenta la produzione di quello conosciuto come l’ormone dello stress, il cortisolo. Questo cresce fino a definire livelli di stress cronico che possono di molto peggiorare il benessere della persona, logorandola fino al burn out. Chi cela la propria condotta sessuale, manifesta molto più facilmente un alto livello di ansia e depressione mentre chi si “svela” abbassa i livelli di cortisolo e vive meglio.

(altro…)

Continua →

Un segreto (pt2)

Autore: Giovanni Iacoviello

vedi Blog dell’Autore

 

“Uno degli svantaggi del fare ogni cosa in modo matematico, secondo la ricerca, è che dopo un po’ tutti lo fanno allo stesso modo … Se avete l’atteggiamento per cui una volta che avete scoperto cosa dire il vostro lavoro è finito, in realtà la state dicendo allo stesso modo di chiunque altro, e avete perso completamente il vostro impatto”.

Questo è il punto di vista da cui parte Bernbach, una convinzione che lo porta a collocare  il messaggio pubblicitario su un piano d’intesa nei confronti del consumatore. Il messaggio sembra quasi compensareil destinatario per la sua attenzione e per la sua pazienza, il messaggio diverte, informa, provoca.

Dopo il successo della campagna Wolkswagen, Bernbach venne contattato da AVIS, colosso americano nel noleggio d’auto, in piena crisi d’identità. L’azienda infatti non solo era lontanissima per organizzazione, numeri e qualità dalla Herz, leader indiscussa del settore, ma era pericolosamente troppo vicina alla massa degli altri competitors da cui non riusciva ad emergere e soprattutto distinguersi. Andando contro uno dei principi cardine del fare pubblicità che si può tradurre in ”scegli noi perché siamo i primi nel nostro settore”; Bernbach decise di  giocare ancora una volta con un apparente difetto dell’azienda: esseresolamente la n.2 e quello che sarà poi ribattezzato numeroduismo.

Gli slogan recitavano:

“Avis è solamente la n. 2 nel noleggio auto, allora perché venire con noi?”;

“Avis non può permettersi portaceneri sporchi” ;

“Quando sei solo il n.2 ce la metti tutta”.

Seguiva poi un testo in cui si elencavano tutti i motivi per cui non potevano permettersi di sbagliare essendo i n. 2 : “…Non possiamo proprio permetterci portaceneri sporchi. O serbatoi mezzi vuoti. O tergicristalli consumati. O auto non lavate. O gomme sgonfie…” concludendo con un ironico: “…La fila ai nostri banchi è più corta”. La campagna Avis fu un grandissimo successo dal punto di vista commerciale che porterà l’azienda a ridosso della Hertz, raggiungendo inoltre l’obiettivo prefissato di consolidarne l’identità garantendone in primis la riconoscibilità.

Per la cronaca molto divertente fu anche la risposta di Herz che dopo alcuni anni, preoccupata dai continui consensi che otteneva l’azienda rivale, sposò una campagna molto simile che diceva:

“Herz ha un concorrente che dice di essere solo il n. 2. E’ difficile non essere d’accordo”. 

Continua →
Niente Futuro per chi non sa Sognare. La Responsabilità del Sognatore, da Neil Gaiman a ognuno di Noi.

Niente Futuro per chi non sa Sognare. La Responsabilità del Sognatore, da Neil Gaiman a ognuno di Noi.

Autore: Dott.ssa Marzia Cikada

vedi Blog dell’Autore

 

“Words are more important than they ever were: we navigate the world with words, and as the world slips onto the web, we need to follow, to communicate and to comprehend what we are reading. People who cannot understand each other cannot exchange ideas, cannot communicate”**
Neil Gaiman 
 

Esiste una sorta di obbligo morale verso noi stessi, quello di tentare la strada alla felicità. Se fuori è tutto un tuonare di parole come impossibile, rassegnazione, inutile e lo stile vigente è il lamento, noi possiamo/dobbiamo fare la differenza.  O, quanto meno, provarci.

Ma come è fatta questa strada che ci rende padroni del nostro futuro? Cosa la segnala e come ci dobbiamo armare per percorrerla? Quante possibilità abbiamo di arrivare in fondo, alla meta, ancora tutti interi? Sono domande delicate per un tema spinoso, vero. Eppure, se molti non riescono neppure a chiedersi come fare e cosa, sono in molti, giovani ragazzi ma anche adulti coraggiosi, una o mille volte nella vita, a mettersi in viaggio, per raggiungere un futuro capace, se non di ridere sfacciatamente,  di sorridere.

Quale strada si può ancora dire perseguibile quindi, per provare a disegnarsi un futuro a propria misura? E quale strada possiamo indicare ai giovani, insegnare ai bambini, provare a pensare possibile anche da adulti? Una è certamente quella,  delicata e piena di insidie, del SAPER SOGNARE. Che il sogno si impara, se non si è avuta la fortuna si averlo naturale a scorrerci nelle vene, e per quanto folle, anche in un momento dove la realtà fa la voce grossa, sognare ci deve far compagnia, deve renderci forti del nostro essere ancora capaci di riuscire in quelli che sono i nostri obiettivi.Obiettivi concreti che possiamo raggiungere sognando, rendendoci attivi, creativi, capaci anche di vedere frustrate le nostre aspirazioni per impararne di nuove. Si tratta di riuscire a creare dalla materia dei nostri sogni, un possibile futuro, un presente più comodo, una storia che ci racconti. Victor Hugo, scriveva che “un uomo si giudicherebbe con ben maggiore sicurezza da quel che sogna che da quel che pensa”, sottolineando il potere che hanno i sogni di definire il sognatore, oggi,  ne sottolinea l’importanza uno scrittore-fumettista , a me caro,  autore di molti libri pieni di mostri e, neanche a dirlo, di sogni. Parlo di Neil Gaiman, autore tra l’altro della serie di Sandman e di romanzi fantasy e non come “American Gods”.

In un articolo che troviamo sul “The Guardian” (15/10/2014) lo scrittore britannico, nella “lezione” annuale tenuta per la Reading Agency (ente di beneficenza inglese che si occupa di migliorare la qualità della vita partendo dalla lettura e dall’alfabetizzazione)  suggerisce che,per avere ancora un futuro, abbiamo l’obbligo di usare la nostra immaginazione, di sognare ad occhi aperti, di leggere libri, di mantenere vive librerie e biblioteche. L’idea è quella che leggere abbia due compiti, il primo compito è di diventare una “droga” che spinge ad andare avanti, pagina dopo pagina, accompagnando le storie che si leggono,  forzando il lettore ad “imparare nuove parole, pensare nuovi pensieri” e questo è POTERE. Il secondo compito della lettura è creare EMPATIA perchè, se guardando la TV è facile vedere soltanto, le cose succedono ad altri, leggere ti rende il protagonista dell’avventura, sei tu che costruisci il mondo dove tutto si svolge, sei tu che ridi, soffri.Leggendo si impara che gli altri sei tu e l’empatia spinge l’uomo a creare gruppi, avvicinarsi ai sentimenti altrui, spingendo il lettore a pensare che se il mondo non dovrebbe essere com’è e le cose dovrebbero essere differenti, bisogna pensare a come cambiarle. La lettura, le storie mostrano un mondo diverso, accompagnano dove non si è mai stati, aiutano a capire cosa non ci piace del nostro vivere ed il malessere che nasce da questa scoperta, secondo Gaiman,  non è negativo. Perchè? Semplicemente, le persone scontente, che vivono un disagio o un malessere, hanno il potere di rendere le cose differenti, se sentono di poterlo fare e la lettura ci rende più consapevoli, abili, attenti.

(altro…)

Continua →

Una Piccola Precisazione

Autore: Dott. Sandro Marano

Prendo spunto da un commento a proposito del mio scritto “UN FREUDISMO CRITICO” del 2013, a cui replico con imperdonabile ritardo, per tornare ad essere presente sul blog del nostro caro Giuseppe.

Un pensiero su “Un «Freudismo» Critico”

Antonello Sciacchitano il 6 giugno 2013 alle 12:32 scrive:

Una piccola precisazione. Freud non inventò la psicoterapia, inventò la psicanalisi, cioè un dispositivo pratico per leggere l’inconscio e intervenire sull’inconscio. La psicoterapia l’inventò Ippocrate nel V secolo a.C. come modo per ristabilire l’equilibrio individuo/ambiente, rotto in seguito alla malattia. Perciò la psicoterapia rimane essenzialmente una cura medica, mentre la psicanalisi ha pretese di scientificità. (La medicina non è scienza ma applicazione tecnica al letto del malato).

In secondo luogo, personalmente non mi fido molto della “verifica”. Preferisco la “falsifica”. La verifica rimane sempre incerta: dopo enne conferme empiriche può sempre arrivare la ennepiùunesima che scombussola tutto. Invece la confutazione resta tale anche al primo colpo.

Sandro Marano replica:

1) Freud inventò la psicoterapia in senso professionale: incontrare un paziente ad orario prestabilito, per un numero stabilito di volte alla settimana ed in un luogo fisso (setting); definire un contratto ed un onorario; attenersi ad un metodo predefinito (almeno in linea di massima, comunque aperto a modifiche vista la natura sperimentale ed innovativa del metodo stesso), e così via.

Definire la psicoanalisi «un dispositivo pratico per leggere l’inconscio e intervenire sull’inconscio» è assolutamente riduttivo. La definizione che ne diede Freud stesso è: a)una cura delle nevrosi; b)un metodo di indagine; c) una psicologia. La psicoanalisi è innanzitutto una psicologia medica, il primo metodo psicoterapeutico in un periodo di nichilismo terapeutico e di pregiudizi verso i malati di nevrosi, fatta forse eccezione per il metodo ipnotico che allora si andava sviluppando.

Se poi volessimo trovare nell’antichità le radici di ciò che chiamiamo oggi «psicoterapia», cioè cura con mezzi psicologici, non vedo come Ippocrate (conosciuto più che altro come promulgatore di un giuramento che ogni medico pronuncia all’atto della laurea), possa essere considerato inventore della psicoterapia, dato il suo approccio organicistico e naturalistico alla salute. Inventore della medicina, forse, non della psicoterapia. Piuttosto, possiamo considerare Socrate non inventore, ma primo sostenitore di un metodo che Platone chiamò «maieutico», consistente nella ricerca della propria verità interiore da effettuare in apertura all’altro, che si limita a fungere da «ostetrico» (maieutica era nell’antichità la funzione di assistenza attiva al parto svolta dalla levatrice).

La psicoanalisi ha senz’altro avuto in passato ed a lungo pretese di scientificità, senza fornire alcuna prova a sostegno di questa pretesa: ma oggi la ricerca empirica di esito e di processo tende a dimostrare che la psicoanalisi e la psicoterapia psicoanalitica (la differenza sta nel numero di sedute settimanali, da cinque a una, nella prevalenza di un metodo interpretativo rispetto ad uno più di sostegno, ed in altri aspetti su cui è inutile dilungarsi in questa sede) funzionano in senso forte, causale, e non casuale come ancora sostengono alcuni critici in base a pregiudizi che, come è facile prevedere, non saranno mai confutati da alcuna prova.

In più, importanti neuroscienziati, e parlo di Kandel, Damasio, Crick, Ramachandran, Panksepp, tanto per fare qualche nome, trovano importanti corrispondenze tra i risultati delle loro ricerche e le teorie di Freud. La medicina non è scienza, ma definirla «applicazione tecnica al letto del malato» è altrettanto riduttivo che definire la psicoanalisi un «dispositivo per leggere l’inconscio». Opinione di medico che pratica la medicina da 33 anni e la psicoterapia da 28.

(altro…)

Continua →
30 Sport per Raggiungere il tuo Flow

30 Sport per Raggiungere il tuo Flow

30-sport-per-raggiungere-il-tuo-flow_27596

Questo libro invita il lettore prima di tutto a individuare una situazione in cui ha sperimentato uno stato di grazia, attraverso brevi test per capire che cosa gli procura soddisfazione e gioia, e in quale misura; per comprendere cioè qual è il suo flow.

In seguito, lo aiuta a scoprire quali attività sportive fanno più al caso suo: meglio uno sport individuale o di squadra? Uno di opposizione o uno di concentrazione?

Infine, presenta le schede relative agli sport illustrandone le principali caratteristiche, in modo da permettere al lettore di orientarsi e scegliere quello (o quelli) in cui si può esprimere al meglio.

Continua →